Il monumentale medaglione in gesso che ritrae Antonio Canova è un calco dall’opera in marmo realizzata per il Monumento ad Antonio Canova nella Basilica dei Frari. I calchi di questo ritratto sono stati realizzati presumibilmente per farne dono ai sottoscrittori del Monumento.

Giannantonio Moschini, in un lungo articolo dedicato alla produzione scultorea di Rinaldi, ci ricorda che lo scultore si recò personalmente a villa Sargenti a Campoverardo (provincia di Padova) per realizzare il busto di Federico Manfredini. L’opera, per la sua qualità, venne recensita nelle Memorie Romane di antichità e belle arti nel 1824.

L’intera composizione è costruita su una porta, un’apertura che attraversa longitudinalmente il complesso e che simboleggia il passaggio da questa vita a quella celeste. In altezza il monumento si divide in tre livelli: sul primo dal basso, due leoni fanno da guardia al varco e, presso di essi, stanno due figure allegoriche, la Religione a sinistra e il Genio funebre a destra; lo spazio intermedio è occupato dall’effettivo sepolcro di Clemente XIII, decorato con due bassorilievi di virtù (la Carità e la Speranza) e sopra il quale il defunto si inginocchia in preghiera con la tiara papale deposta ai suoi piedi.

Dopo aver lavorato alla riproduzione di queste opere per quasi dieci anni, la Liberazione di San Pietro fu l’ultima incisione che Giovanni Volpato realizzò per la serie, lasciando la Messa di Bolsena all’ormai genero Raffaello Morghen. Ciascuna tavola porta la dedicazione a PIO SEXTO PONT. MAX.: proprio al papa erano mostrate le stampe man mano che venivano realizzate.