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conclusa Indagini intorno a Giovanni Serodine

La mostra

La Gallerie Estensi ospitano dal 25 marzo al 26 giugno 2022 una mostra dossier che vede al centro uno dei dipinti del Seicento più enigmatici delle proprie collezioni: il Santo scrivente, che da ormai un secolo è entrato nel catalogo di Giovanni Serodine (Roma, 1600-1630), fra i più grandi e originali seguaci di Caravaggio. Un dipinto frammentario e in parte compromesso, che torna in pubblico dopo un lungo lavoro di restauro supportato da approfondite indagini diagnostiche. Per la prima volta nella sua storia, verrà esposto alla Galleria Estense di Modena accanto alla sua antica copia, che ne riproduce l’aspetto originario, proveniente dal Museo della Certosa di Pavia. Tale copia è accompagnata da altre due opere di identico formato attribuite ad un altro pittore caravaggesco, Giuseppe Vermiglio (Milano, 1587 ca. – Torino?, post 1635). Esse raffigurano San Paolo Eremita e San Giovanni Battista, e sono quel che resta di un ciclo di “sei quadri al traverso rappresentanti eremiti nel deserto” ancora registrati presso la Foresteria Nobile della Certosa negli inventari del tardo Settecento.


Il progetto è nato da un’idea precisa: affrontare lo studio di un’opera alterata da pesanti interventi fin dall’antico attraverso gli strumenti tecnici della diagnostica e del restauro, ma anche con quelli storico-artistici offerti dal contesto dei dipinti della Certosa, fino ad oggi poco noto e mai indagato. In questo caso la sfida era motivata anzitutto dal nome di Giovanni Serodine, il cui Santo scrivente è una delle rarissime opere appartenenti a un museo statale italiano. Sebbene infatti non rientri nel novero degli artisti più conosciuti dal grande pubblico, si tratta di un assoluto fuoriclasse nel panorama, già di per sé vertiginoso, dei pittori attivi a Roma nel secondo e terzo decennio del Seicento ed eredi a vario titolo della folgorante stagione di Caravaggio. 


Serodine era figlio di quella plurisecolare e feconda tradizione di pittori, scultori e architetti che dalla Svizzera italiana giunsero a lavorare a Roma. Morto giovanissimo e solo sfiorato dai documenti coevi e dalle biografie artistiche sei-settecentesche, è stato riportato alla sua statura eccezionale dal maggiore storico dell’arte italiano del Novecento, Roberto Longhi. Un artista intimamente legato al naturalismo di matrice caravaggesca, da cui sviluppò un personale e drammatico linguaggio affidato al colore steso a tocco e a macchia, di cui i contemporanei riconoscevano la qualità ma che biasimavano per lo sfrenato anticonformismo. E questo fu tra i motivi che decretarono la sua sfortuna critica, in un’epoca in cui la pittura ufficiale era assai più attenta al “decoro” con cui venivano raffigurati i soggetti, e al “disegno” con cui essi venivano lungamente studiati prima di essere dipinti.

Immagini della mostra

Orari e biglietti

Indirizzo

Largo Porta Sant'Agostino, 337
41121 Modena

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