L’opera, da alcuni secoli attestata ad Anghiari presso Palazzo Pretorio, nel 1869 venne identificata come pittura di notevole valore e attribuita a Cristofano Allori o alla sua maniera. Nel 2021 è stata al centro di un documentario dal nome “Rastrelli” di Andrea Merendelli e Simone Marcelli in cui si identifica la figura della Maddalena come un ritratto della Virginia Ramponi Andreini, la più importante attrice del XVII secolo. Oggi trova uno studio comparativo storico-artistico che propone, confermato dalla firma FMF rinvenuta nella tela, la paternità dell’opera a Francesco Morosini, (BENASSAI 2022) detto il Montepulciano, pittore dal “linguaggio composito, variegato e disomogeneo” che si forma nell’ambito di Giovanni Bilivert (Firenze, 1585 – Firenze 1644).

La stampa riproduce il celebre dipinto di Manet che suscitò grande scalpore quando fu esposto al Salon di Parigi del 1865. La donna ritratta è una prostituta, ma anche un omaggio alla grande pittura del passato, si pensi alla Venere di Urbino di Tiziano o alla Maja di Goya. Fu questa combinazione, unita alla tecnica pittorica, a suscitare grande scalpore e a provocare allo stesso tempo indignazione, tra chi sosteneva la tradizione accademica, e apprezzamento tra i critici più attenti, come Charles Baudelaire.

La firma per esteso, unita alla data, sottolinea la piena consapevolezza del risultato raggiunto da Dürer in quella che è una delle sue più note incisioni a bulino, nonché uno dei suoi capolavori. Infatti, culminano su questo foglio i suoi studi sulle proporzioni del corpo umano e il suo virtuosismo tecnico. Il chiarore dei corpi di Adamo ed Eva, dalle proporzioni perfette e l’aspetto scultoreo, contrastano con lo sfondo più scuro, dove si abbondano i dettagli naturalistici.

Questo bulino è una rielaborazione dell’incisione che riproduce una parte della decorazione della Stufetta Bibbiena in Vaticano (1516). Venere è raffigurata nella medesima posa, intenta ad asciugarsi un piede, mentre Cupido la osserva. La differenza è che i due protagonisti non sono più all’interno di una stanza, ma in riva a un fiume. Il villaggio sulla montagna richiama quelli incisi da Dürer. Infatti, è proprio il monogramma dell’incisore tedesco che si vede in basso a sinistra.

La stampa fa parte della ben nota serie di Goya contenente 80 stampe eseguite tra il 1795 circa e il 1798, una sorta di manifesto in cui l’artista dichiara il suo liberismo e il suo disprezzo per l’ignoranza, mediante immagini satiriche verso i vizi dell’essere umano. È una serie ricca di caricature e qui è quella della Vanità. Tre giovani ridono di una donna anziana che, seduta alla toletta, si rimira nello specchio per sistemarsi il cappellino, poiché “fino alla morte” vale la pena imbellettarsi.

La piccola tela, sicuramente cinquecentesca, è una derivazione di qualità del dipinto conservato presso il Museo nazionale di Capodimonte a Napoli di provenienza Farnese. L’opera del Correggio, riprodotta in antico in alcune versioni risulta una delle composizioni più di successo del Cinquecento italiano. La scena ritrae Maria in atto di aiutare il Bambino ad infilare l’anello nell’anulare della Martire, rappresentata con i suoi attributi iconografici, il più evidente dei quali è la palma e in basso la spada posta fra il gruppo di Maria con il Bambino e Santa Caterina. L’alternanza cromatica delle vesti delle due donne, che risponde alla tradizione iconografica degli altrettanti soggetti, non fa che evidenziare l’atteggiamento del Bambin Gesù al centro, che cerca lo sguardo della madre con un’espressione di compiaciuta approvazione. 

È una delle 633 xilografie realizzate da Wohlgemut e dal suo figliastro Wilhelm Pleydenwurff per la Cronaca di Norimberga, un compendio della storia del mondo, scritto dall’umanista Hartmann Schedel (1440-1514), composto da più di 600 pagine. Le illustrazioni furono commissionate a Wohlgemut nel 1487-88, gli stessi anni in cui Dürer è apprendista presso la grande bottega di questo pittore e tipografo tedesco, al quale è riconosciuto il merito di aver aggiornato i canoni estetici della xilografia tedesca.

La stampa riproduce il dipinto di Antoon van Dyck conservato al Kunsthistorisches Museum di Vienna (inv. n. 512). È raffigurato un preciso momento del racconto biblico narrato nel Libro dei Re. È l’istante del tradimento: Dalila consegna Sansone ai Filistei, dopo avergli tagliato i capelli e averlo privato della sua forza straordinaria. Da notare è lo scambio di sguardi tra i due protagonisti: lui, deluso e amareggiato, si rivolge all’amata adagiata sul letto in un moto misto tra rassegnazione e rabbia.

L’incisione riproduce il dipinto eseguito da Michelangelo nel 1530 e oggi perduto, ma noto attraverso diverse copie. Il mito è riportato da diverse fonti antiche e narra che Zeus si innamorò di Leda e per sedurla decise di trasformarsi in cigno. La loro unione avvenne sulle sponde del fiume Eurota, ed è questo il momento raffigurato con molta cura di dettagli. In seguito Leda depose un uovo dal quale uscirono Polluce, uno dei due Dioscuri, e Elena, futura regina di Troia nota per la sua bellezza.