Simbolo della produzione scultorea futurista dell’artista rivolta a riprodurre la velocità e la forza del dinamismo nell'arte, l'opera originale è in gesso. La copia in bronzo è stata prodotta solo dopo la scomparsa dell’artista per volere di Filippo Tommaso Marinetti, fondatore del movimento futurista.

Il dipinto entra a far parte delle Raccolte Civiche milanesi nel 1992 con l’importante acquisizione della Collezione Jucker con cui il museo si arricchisce di un nucleo di opere delle Avanguardie Internazionali del Novecento.

Il ritratto di Béatrice Hastings rappresenta il ritorno alla pittura dell’artista dopo la parentesi scultorea e la fase cosiddetta “cubista”. Le suggestioni di Cézanne sono ormai superate per lasciare il posto a un’espressione personale della resa pittorica.

Paul Guillaume, collezionista e mecenate, è ritratto in una posa che riprende una serie di fotografie scattate nel 1915 nell’atelier di Modigliani. La particolare attenzione alla fisionomia, la resa plastica quasi scultorea e il lessico cubista nelle linee angolate del viso rendono l’opera una delle più importanti dell’artista.

Protagonista del dipinto, isolato dal contesto e inquadrato in una vertiginosa prospettiva dal basso, è il faro di Westkapelle vicino a Domburg. L’opera si colloca in una fase neoimpressionista “munchiana”.

Una delle opere più significative dell’artista, Elasticità rappresenta tutti gli elementi figurativi tipici della pittura futurista: il movimento del cavallo in primo piano e la raffigurazione del progresso con lo scorcio sulle fabbriche in lontananza.

L’opera rappresenta la visione artistica di Paul Klee rivolta all’equilibrio tra segno e colore in una sintesi tra espressionismo e astrattismo. L’artista riconduce un paesaggio a un insieme di segni e a un intreccio di struttura, figura e prospettiva a volo d’uccello.

Il ritratto di Virginia Procida è la prima opera dell’artista acquistata da una collezione pubblica. Il dipinto è influenzato dagli insegnamenti del Maestro Giacomo Balla di matrice divisionista, il colore è steso a tratti piccoli e veloci.

Un arabesco di luce fluorescente, composto di decine di segmenti tubolari piegati a mano, si snoda per cento metri sospeso con cavi d’acciaio: la struttura al Neon, progettata dall’artista per la IX Triennale di Milano avvolge in un abbraccio luminoso Piazza Duomo, paesaggio urbano simbolo di un’intera città, centro pulsante della vita dei milanesi.    

“Il lavoro della Mappa ricamata (dalle donne afgane) è per me il massimo della bellezza. Io non ho fatto niente: il mondo è fatto com'è e non l'ho disegnato io, le bandiere sono quelle che sono e non le ho disegnate io, quando emerge l'idea base, il concetto, tutto il resto non è da scegliere” così Boetti descrive la serie di opere Mappe tra le più celebri della sua produzione.