L’autore si ritrae occupando in diagonale l’intera scena del quadro. La figura si staglia su di un fondo vuoto, senza alcun riferimento di tempo e di luogo, ed anche la scelta cromatica è volutamente essenziale: vermiglia la scena, con poche variazioni, e monocromo l’abito scuro. L’atteggiamento è pensoso, quasi ascetico, intento ad una riflessione intima e profonda che coinvolge l’uomo e l’artista. Le modalità espressive inoltre denunciano le illustri ascendenze pittoriche che in questo periodo coinvolgono l’interesse del pittore, in particolare Schiele e Soutine.

Esemplare dell’estrema versatilità di Lattes nella manipolazione dei materiali pittorici, l’opera rappresenta un groviglio vegetale, un labirinto dove l’attenzione si perde in un sovrapporsi di invenzioni grafiche senza soluzione di continuità. La tecnica raffinata e la capacità immaginativa consentono all’artista di allontanarsi dalla prassi per sfruttare anche la pura casualità e ottenere così nuove modalità esecutive. Il bianco e nero diventa così capace di dilatare la sua sintesi oltre le forme e oltre la figurazione.

Il titolo richiama quello dell’opera-ballet di Ravel rappresentata per la prima volta nel 1925, in cui si parla di un bambino che si rapporta con la natura e gli oggetti che lo circondano, prima in modo insofferente e crudele, e poi consapevole e pentito. L’atmosfera del quadro ben rappresenta la malinconia notturna che fa da cornice al giardino trasfigurato e misterioso in cui si muove la figura infantile: quasi per magia il volto del fanciullo emerge dai colori cupi e densi del fondo, ma questo si scioglie in colature inquietanti che si diramano su campiture quasi astratte.

Il teatro è il luogo materiale e trasfigurato di tante fantasie di Lattes. In questo palcoscenico agiscono le sue marionette, ma può anche essere metafora del luogo dove si consumano i drammi o le commedie del gran teatro della memoria. Il teatrino è visto frontalmente, inesorabilmente vuoto e carico di attese. Occupa tutto lo spazio del quadro eliminando l’ambiente e quindi si colloca in una dimensione astratta: non è semplicemente oggetto domestico, da salotto o da gioco infantile, ma dilata la sua presenza in un altrove che affascina e turba al tempo stesso.