È l’opera cardine del museo: accoglie infatti il visitatore al centro del cortile e attorno ad essa si sviluppa il percorso di visita. L’opera venne esposta alla Biennale di Venezia del 1962 e racchiude l’estetica e la potenza espressiva caratteristiche del periodo del Realismo Esistenziale a vissuto da Floriano Bodini in età giovanile. La scultura si compone di due figure: una esanime sdraiata supina sulle gambe di un’altra inginocchiata che esprime tutto il suo dolore attraverso la tensione del braccio verso il cielo e il volto deformato in un urlo. È un’opera che dimostra la capacità di Bodini di entrare nell’anima più profonda dell’Uomo e rendere visibili e concreti i sentimenti più profondi e ineffabili.

Si tratta di un busto che rappresenta il padre di Floriano Bodini, Toni. Lo sguardo del figlio ne indaga l’aspetto esteriore ed interiore allo stesso tempo, attraverso la rivelazione di alcuni dettagli anatomici, anche interni allo stesso corpo umano, descritti al pari di un abbigliamento impeccabile ed elegante con accessori come orologio e cravatta. Anche la postura e lo sguardo trasmettono molto della personalità rigorosa, decisa e fiera del padre di Floriano. Non manca un elemento affettuoso, un ricordo d’infanzia per lo scultore: sul braccio di Toni è poggiata Nacchia, la cornacchia che era “di casa” per la famiglia Bodini, molto affezionata sia a Floriano che ai suoi genitori.

Si tratta di una scultura che non racconta un episodio bellico preciso (anche se Bodini ha vissuto in prima persona da bambino, la Seconda Guerra Mondiale) ma si pone come opera simbolo, universale, come metafora della guerra che purtroppo non ha luogo e non ha tempo. 

I soggetti che la compongono sono infatti anonimi soldati con le armi, accanto a uomini, donne e bambini: tutti, indistintamente e senza caratterizzazione particolare, sono raffigurati nel dramma generato dalla guerra. In qualche modo appaiono tutti vittime di questo atto violento e disumano.

Le tre sculture preparatorie in gesso presenti al museo sono parte del complesso bronzeo dei Sette di Gottinga, oggi collocato nella Piazza dei Sette di Gottinga ad Hannover (un tempo la piazza del Parlamento della Bassa Sassonia). 

L'opera di Bodini, posta in opera nel 1998, è stata vincitrice tra 26 proposte internazionali presentate al concorso indetto dalla città. Il monumento è frutto di un'attenta e accurata ricerca che ha portato l’artista a indagare i dettagli storici di una vicenda avvenuta nel 1837 all'Università di Gottinga: sette professori si ribellarono all'imposizione da parte del Re Ernst August Hannover di modificare la costituzione senza alcuna consultazione popolare. Nel ritrarre i professori all'interno della scultura Bodini si ispira a persone a lui vicine: ad esempio i Fratelli Grimm, tra i sette professori, sono impersonificati dallo stesso Floriano e suo fratello Arturo, oppure lo studente testimone che assiste all'evento presenta i tratti del giovane allievo artista Renato Galbusera.

Il monumento, che si compone di una grande porta semiaperta attraversata dai sette professori, il re a cavallo e uno studente universitario presenta dimensioni ancor maggiore del naturale. I protagonisti sono in dialogo con i passanti e la porta stessa che, semiaperta, invita le persone a compiere il medesimo gesto delle sculture e in qualche modo prender parte alla storia nazionale.

La scultura raffigura Papa Paolo VI, al quale proprio due anni prima Bodini aveva dedicato la celebre versione in legno di cirmolo, oggi conservata ai Musei Vaticani di Roma nella sezione degli artisti contemporanei. Paolo VI è noto per essere stato il "papa degli artisti", soprattutto in anni difficili, intorno al 1968 con rapporti contrastanti e delicati tra la Chiesa e il mondo politico e sociale.

La figura di Papa Montini seppe incuriosire lo scultore al punto che gli dedicò diverse opere monumentali. Il rapporto era di stima e di familiarità anche grazie alla comune amicizia con Mons. Pasquale Macchi. In questo bronzo Bodini raffigura il pontefice con una rapida caratterizzazione nella fisionomia del volto (meno intensa rispetto alla versione in legno) e con le mani che si protendono oltre il rigido abito papale, in un gesto che può suggerire accoglienza, vicinanza e benedizione.