Questo dipinto e Prato in fiore sono prove parziali per Il santuario di San Magno a Castelmagno (collezione privata) esposto alla Biennale di Venezia del 1914 nella sala dei Divisionisti italiani.

La tavola si vede nello studio di Olivero in una fotografia pubblicata sulla guida illustrata L’alta Valle Maira del 1911, da cui si deduce la datazione. E’ una prova quasi definitiva per la tela Luce (collezione privata) esposta alla Biennale di Venezia del 1914.

Il panorama alpino è stato identificato come una veduta del Pelvo d’Elva dal paese di Casteldelfino in Val Varaita.

Bozzetto per il dipinto Alta montagna con la neve esposto da un collezionista saluzzese alla mostra di Gandi e Olivero del 1933.

Il titolo tradizionale non rende conto della scena in primo piano con la donna, il militare e l’uomo dormiente, che resta da approfondire. 

Il dipinto corrisponde al disegno dallo stesso titolo con l’iscrizione Ussolo della raccolta cittadina, datato 1901.

Presentato nel 1914 all’Esposizione Futuristica ideata dal Circolo degli Artisti, roccaforte del conservatorismo artistico torinese, per irridere al Futurismo.

In collezione privata esiste una tela del medesimo soggetto di dimensioni minori dove Olivero ha annotato il sito della veduta, Ussolo. La data 1905 a sinistra in basso è emersa in occasione della schedatura scientifica della collezione. Precedentemente la straordinaria padronanza del linguaggio divisionista che qui Olivero dimostra, aveva indotto gli studiosi a postdatare il quadro di qualche anno, tanto più che esso fu esposto per la prima volta soltanto nel 1910, alla personale di Parigi.

Di evidente destinazione pubblica per le sue eccezionali dimensioni, la tela è un exploit di bravura del giovane pittore nel pieno del suo entusiasmo per la pittura divisa. Lungamente meditata – si contano almeno sei redazioni parziali o totali di dimensioni diverse – sposa il verismo naturalistico, cui Olivero era  stato formato, con il divisionismo. La robusta struttura prospettica e la finezza di scrittura pittorica  concorrono a creare in modo magistrale la sensazione di purezza atmosferica e di spazio sconfinato dell’alta montagna, non senza un simbolico rispondersi tra terra degli uomini e luminosità del cielo di reminiscenza segantiniana.

Per questo Autoritratto Olivero eseguì un disegno, pure nella collezione della città di Saluzzo.

Prova per l’Autoritratto a tre quarti di figura già collezione Burgo datato 1899.

Dono del Comm. Dott. Ippolito Bessone, Genova. La storiografia sostiene che questa tela risulta dallo smembramento di un più grande dipinto – Fini ‘d tribule, esposto alla Promotrice torinese nel 1903. Di ciò non è stata trovata documentazione storica. Derelitti comparve come dipinto anonimo nella personale parigina di Olivero del 1910.

Nella collezione cittadina esiste pure un bozzetto per questa scena, di minori dimensioni.

Citato dagli studiosi con titoli diversi, è da ritenere il disposto esposto alla Promotrice torinese del 1903 per la corrispondenza dell’immagine con il titolo che comparve nel catalogo – Finì ‘d tribulè- che significa in dialetto piemontese “ha finito di penare”. La differenza di scala tra le figure di questa tela con quelle del dipinto Derelitti rende difficile immaginare che abbiano fatto parte di una medesima tela.

Dipinto del periodo degli studi accademici.

Esposto alla Promotrice torinese del 1900 quando Olivero era ancora studente e mai più proposta in alcuna mostra dell’artista. Restaurato per l’occasione.

Olivero eseguì un disegno per questa figura, che si trova nella collezione cittadina.

L’appartenenza al decennio e l’identificazione del sito si desumono da un dipinto che rappresenta il medesimo villaggio dal medesimo punto di vista, risalente agli anni Venti.

Il tema del sole tra gli alberi si trova in Primo Sole del 1925, esposto alla Biennale nel 1926. L’identificazione del luogo si ricava da un dipinto del tutto simile appartenuto al Senatore Burgo.

Lascito Giraud, 1938. Derivata da un disegno molto preciso conservato nella collezione cittadina, la tavola è assai simile a una tela comparsa alla Promotrice torinese del 1926.

Insieme a Sole alla Madonna dell’Olmo esposto qui di seguito, fa parte di un gruppo di dipinti che ritraggono il paesaggio invernale di questa località alle porte di Cuneo, alcuni datati 1927.

Trovato ancora sul cavalletto alla morte dell’artista. Benché Olivero riflettesse sul tema della veduta centrale del Monviso fin dal 1924, quando dipinse per il senatore Burgo Il Monviso, si ritiene che questa grande tela non terminata sia il suo ultimo lavoro.

Studio per il dipinto omonimo che rappresenta un corteo funebre tra le nevi del piccolo paese dell’alta Valle Varaita commissionato ad Olivero dalla Città di Cuneo nel 1922 ed esposto alla III Biennale di Roma nel 1925 (Museo Civico di Cuneo).

Compare a Parigi nel 1910 nella personale organizzata dall'Union Internationale des Beaux-Arts, segno dell’interesse che Olivero attribuiva a questi esperimenti estremi di effetti luminosi.