Abigail si presenta al cospetto di David con un carico di doni, chiedendo perdono per il comportamento del marito che non lo ha accolto, e riuscendo a placarne l'ira. Giovanni Andrea De Ferrari focalizza la sua attenzione sul dialogo fra i due "eroi" biblici: a interessargli non è tanto il racconto dell'episodio - il corteo con i doni si intravede in secondo piano - quanto la resa degli affetti. Il tono sentimentale è la cifra di tante rappresentazioni del pittore, che qui è ancora molto vicino al naturalismo del suo maestro Bernardo Strozzi. 

La presenza di più mani in un unico dipinto - qui addirittura tre - non è infrequente soprattutto se consideriamo che nelle botteghe artistiche erano presenti numerosi pittori, ognuno con la propria specializzazione. Al capo - bottega Fiasella spettano le figure, tra le quali il bambino sulla destra che gioca con un cane è chiaramente un ritratto. Al contrario degli altri personaggi, ci guarda e indossa un ricco abbigliamento che stona con il resto della scena. Si tratta probabilmente del giovanissimo Giovanni Battista Spinola del ramo "di San Pietro", chiamato in questo modo per il possesso di un feudo a San Pietro in Galatina e proprietario di una delle più ricche collezioni del Seicento. 

Biscaino è un artista molto ricettivo e qui mostra la sua bravura nel cogliere e assemblare stimoli e suggestioni di segno diverso, ricomponendoli in una formula personale e ben riconoscibile. Alla lezione prettamente pittorica, recepita e condotta all'insegna di grazia e leggerezza, del suo maestro Valerio Castello, egli somma il naturalismo di Giovanni Benedetto Castiglione e dei fiamminghi a Genova, cui pare proprio voler rendere omaggio nella resa veridica dei grappoli d'uva. 

L'opera faceva parte della raccolta dell'Accademia Linguistica di Belle Arti, dove la vide un erudito, Federico Alizeri, intorno alla metà dell'Ottocento. La quadreria dell'istituto scolastico ha una funzione formativa, le sue opere cioè sono viste, copiate e studiate dagli alunni. Per questo motivo comprende testimonianze dei più rappresentativi artisti genovesi di ogni epoca. Il fatto quindi che possedesse quest'opera costituisce la riprova di quanto i paesaggi non siano affatto un genere "minore". 

Tra i pittori "estrosi", Grechetto occupa sicuramente una posizione particolare. È un artista complesso, estremamente versatile, abile nell'arte incisoria come nella pittura. I suoi dipinti raffigurano spesso bestiame ed è frequente trovare nelle sue tele, in primo piano, pentole e vasellame da cucina mentre i personaggi sono relegati sullo sfondo. Eppure, questo dipinto testimonia che eccelleva anche nella rappresentazione delle figure, come dimostra la bella Rachele colta nell'atto di sorridere a Giacobbe, che l'ha appena aiutata a scoperchiare un pozzo per poter così abbeverare il gregge. 

L'affettuoso gesto tra la dea della bellezza e il dio dell'amore è stato immortalato da Paggi in diverse occasioni. Il tema sensuale e il formato adatto anche ai salotti più piccoli hanno reso questo tipo di dipinti particolarmente apprezzato dai collezionisti dell'epoca. La prova qui esposta risale agli anni successivi un lungo soggiorno in Toscana, dove il pittore - aristocratico di nascita - aveva trovato rifugio in seguito a un'accusa di omicidio, che le fonti antiche dicono infondata. Quando finalmente l'artista torna in patria è grazie all'intercessione del principe Giovanni Andrea Doria, suo grande estimatore ed erede del celebre Andrea. 

Un enigmatico insieme di animali è immortalato fra fiori e frutti nell'angolo di un elegante giardino. Benché sia rappresentata con finezza di dettagli realistici, la scena non ha nulla di naturale o consueto. Deve dunque alludere a una storia o nascondere un significato, che forse siamo in grado di cogliere. Gli animali erano infatti spesso inseriti nei dipinti come simbolo di qualcos'altro. Potremmo leggere questa affascinante raffigurazione come un'Allegoria della lussuria: la lussuria, incarnata dalla scimmia, mossa dalla superbia, simboleggiata dal pavone, può pericolosamente sopraffare la fedeltà, ovvero il cane. 

Che Van Dyck sia stato uno dei migliori ritrattisti di tutti i tempi è cosa nota e soprattutto lo sapevano bene i nobili genovesi. Questa tela però ci dice che anche nelle opere di carattere sacro eccelleva ed era altrettanto richiesto dalla pretenziosa committenza locale. La tela, dalla sua realizzazione a oggi, ha cambiato numerosi proprietari ed è passata "di casa in casa" a seguito di matrimoni, eredità, acquisti, tutti passaggi documentati con una costante: il grande valore economico per le celebrità del suo autore e per la straordinaria qualità dell'opera. 

Splendida opera della maturità di Valerio Castello è espressione tipica del suo gioioso universo pittorico che preannuncia il rococò. L'allegoria della Liberalità - riconoscibile dalla cornucopia, dai frutti e dagli ori - si conservava un tempo nella collezione Doria di Montaldeo insieme a un'Allegoria della Carità, altra virtù che si contrappone all'avarizia. Il formato mistilineo del dipinto non è originale, ma si deve evidentemente a un intervento settecento che l'ha trasformato in un grazioso sovrapposta di gusto barocchetto. La capigliatura della fanciulla tagliata nella parte superiore rivela la riduzione della superficie della tela. 

Una gestualità eloquente e una teatralità pienamente barocca caratterizzata questa splendida tela, ritenuto una delle prove migliori di Giovanni Andrea De Ferrari. La regina assira Semiramide, avvertita da un soldato dell'insurrezione della Babilonia, abbandona la toeletta cui è intenta per accorrere a sedare la rivolta. La scelta di un episodio così particolare risale probabilmente alla volontà del committente, forse da riconoscersi nel doge Alessandro Spinola di Luccioli, che agli ideali repubblicani e agli interessi per i testi latini, poteva sommare il desiderio di mettere in luce l'eroismo femminile, in omaggio alla figlia, cui lascia in eredità il palazzo in Strada Nuova.