L’opera è una riflessione sulla complessità del prendere decisioni e del portarle a compimento; sui momenti della vita in cui ci sentiamo in bilico. La canna ha la stessa misura del BoCs, a citazione dello spazio di partenza offerto dalla cittadinanza.

In occasione del suo ritorno a Cosenza Martina Roberts realizza una tela in cui dominante è il colore rosso. Non essendo partita con un progetto già fissato, si è aperta agli stimoli che le hanno fornito alcuni semplici oggetti (soprattutto vasi, elementi che ritornano quasi ossessivamente nella sua produzione artistica) oppure le conversazioni a due a due che ha ascoltato nei BoCs tra gli artisti, per le strade di Cosenza o alle quali ha partecipato lei stessa. Nella tela donata al BoCs Museum emerge un altro punto cardine della sua ricerca: i tessuti.

L'opera consta di quattro ritratti: due artisti di origine cosentina (Alfredo Pirri e Giuseppe Gallo) e due prostitute schedate negli archivi della polizia durante il ventennio fascista. Le immagini di queste ultime sono state rinvenute in un libro di Matteo Dalena, pubblicato dalla casa editrice cosentina Il filo rosso, intitolato Puttane antifasciste nelle carte della polizia.

A Cosenza Gabriele Arruzzo si rapporta in modo diretto con il territorio realizzando un’opera ispirata alla dottrina  dell’abate Gioacchino da Fiore. Nel dipinto è evidente il riferimento al Liber Figurarum (Il Libro delle Figure) da cui è tratta la figura, composta da tre cerchi intersecati a vicenda e inanellati a spirale, simbolo della storia umana suddivisa in tre età (l’età del Padre, l’età del Figlio, l’età  dello Spirito Santo) secondo la teologia trinitaria del monaco calabrese.

Gli artisti della residenza di luglio producono collettivamente un'opera funzionale. Un oggetto, come la piscina, che ha dato reale refrigerio agli artisti durante un periodo di residenza molto caldo, ora esposto per recuperarne anche la sua valenza estetica e documentaria.

L'opera-fumetto di Marco Pio Mucci consta di tre tavole che ripropongono alcune scene del film “Il Padrino”, capolavoro cinematografico del 1972 firmato dal regista Francis Ford Coppola. Soggetto dei disegni è Michael Corleone, membro di una famiglia siciliana considerata tra le più potenti organizzazioni mafiose della New York del dopoguerra. Mike alla morte del padre don Vito diverrà il nuovo padrino a capo dell'impero criminale della famiglia Corleone. Nei disegni di Mucci il protagonista è ritratto in alcuni “momenti poetici” che mostrano il suo lato umano, ora coinvolto in situazioni amorose ora mentre si confessa in tarda età con un prete. L'artista si sofferma sulla figura del gangster per suggerire una riflessione generale sull'uomo di una volta ancorato ad alcuni valori, come la fede e l'amore, che oggi stanno per perdersi.

L’installazione di Hernandorena è il risultato del viaggio condotto dall’artista dalla Francia a Cosenza, una transizione fatta di esplorazioni e scoperte in cui i colori, odori, vento, pioggia definiscono il suo rapporto con il paesaggio e l’architettura. Numerosi i richiami al cielo e alle stelle – come quelle dipinte sulla volta della chiesa di San Francesco d’Assisi – e al colore blu. L'installazione è composta da diversi elementi che dialogano tra loro, ma a volte il collegamento rimane volutamente oscuro.

Per quest’opera con i giornali Corriere della Sera Colin si è avvalso della collaborazione di artisti e curatori residenti, come lui, ai BoCs Art nel novembre 2018, chiedendo ad essi di disegnare la copertina o prima pagina di un “finto Corriere della Sera” sui veri fogli intonsi del Corriere della Sera per cui ha lavorato come art director. In questo ha voluto confermare la sua poetica della collaborazione da un lato e dall’altro la sua reale collaborazione con il Corriere della Sera, soprattutto al supplemento domenicale la lettura, per il quale invita artisti a disegnarne la copertina. Ma se lì la copertina è stampata e moltiplicata, in quest’opera esse sono tutte pezzi unici e dunque più vicino all’idea dell’arte. Si viene in tal modo a creare un cortocircuito tra verità e finzione da sempre al centro del dibattito della carta stampata.

Venuto a conoscenza delle comunità italo-albanesi che popolano la provincia di Cosenza, Fusi propone per BoCs Art un dittico raffigurante una coppia di personaggi: due ragazze dalla posa rigida in ricchi costumi arbereshe. Appare chiaro che le giovani, seppure abbigliate secondo la tradizione della minoranza etnico-linguistica, con i loro capelli biondo platino non appartengano a questa cultura. Le due ambigue fanciulle, dallo sguardo vitreo e assente, si inseriscono in un’ambientazione teatrale che inquadrandole quasi le ingabbia