Descrizione
Il teatro anatomico è il luogo adibito alle dimostrazioni anatomiche pubbliche effettuate tramite dissezione di cadaveri.
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Diventare Partner è possibile a tutti coloro i quali rientrano nelle caratteristiche di cui sopra fornendo alla piattaforma Artsupp le informazioni necessarie a verificarne l’identità. E’ richiesto inoltre l’invio dei seguenti contenuti necessari per la creazione delle relative pagine:
1. Nome Istituzionale;
2. Descrizione dell’ Istituzione;
3. Localizzazione;
4. Orari di Apertura al pubblico;
5. Sito web Istituzionale;
6. Avatar;
7. Immagine o Video di Copertina;
8. Immagini rappresentative degli spazi;
9. Immagini della collezione;
10. Didascalie opere della collezione(autore, titolo, data, tecnica);
11. Comunicato stampa e locandine delle mostre in corso e future.
Tutte le informazioni relative al profilo devono essere accurate, complete e veritiere. Completata questa procedura Artsupp si prenderà il tempo necessario per verificare la conformità delle informazioni inoltrate e rendere pubblico e attivo online lo spazio riservato al Partner.
Ogni Partner potrà avere visibili le seguenti pagine:
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Calendario Eventi: Sezione dedicata alla condivisione della programmazione culturale e degli eventi temporanei organizzati dal Partner.
Collezione: Panoramica delle opere presenti nella collezione. Nel caso in cui il Partner non disponga di una collezione permanente sarà possibile pubblicare immagini delle opere esposte temporaneamente.
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I feticci venivano utilizzati per produrre fattura per infissione. Si tratta di uno dei sortilegi più antichi e più diffusi, se ne ritrova traccia fin dal Paleolitico, ed è basato sul principio generale della similarità: come si trafigge l’effigie, così dovrebbe accadere nella vittima designata. Spilli, chiodi o altri oggetti acuminati infissi in statuette o altre cose in cui si sia trasfusa la personalità dell’individuo da offendere produrrebbero dolori, malattie e morte.
Edward Jenner (1749 - 1823) fu un brillante medico e ricercatore inglese a cui si deve la scoperta della vaccinazione contro il vaiolo come metodo per sconfiggere le malattie infettive impedendo il contagio dei soggetti sani. Il 14 maggio 1796, Jenner inoculò nel braccio di un bambino di 8 anni una piccola quantità di materiale purulento prelevato dalle ferite di una donna malata di Vaiolo Vaccino, la forma di vaiolo che colpiva i bovini e - in forma lieve – anche gli allevatori. Il bambino non ebbe nessun disturbo e Jenner dimostrò che il piccolo era diventato immune alla forma umana del vaiolo. A questa pratica venne dato il nome di vaccinazione.
La cannula veniva introdotta in un foro precedentemente praticato sull’addome, a circa quattro dita di distanza sotto l’ombelico a sinistra. Tale foro, praticato con molta cura in modo da non intaccare qualche vena, doveva essere profondo non più di un terzo di un dito, fino a raggiungere la perforazione del peritoneo. Il disco lamellare posto ad una estremità serviva proprio a introdurre la cannula fino alla giusta profondità, evitando l’eccessiva penetrazione.
Le spirali a distacco controllato (oggi conosciute come Guglielmi Detachable Coils) furono introdotte negli anni ‘80 dal neurochirurgo Guido Guglielmi, come alternativa al trattamento endovascolare degli aneurismi cerebrali.
Si tratta di una spirale in lega di platino-tungsteno collegata a un filo guida di rilascio in acciaio inossidabile. Queste spirali vengono rilasciate all’interno dell’aneurisma tramite un micro-catetere che è inserito attraverso l’arteria femorale della gamba e fatto avanzare delicatamente fino al cervello. Il micro-catetere è fatto avanzare nell’aneurisma stesso, e le spirali sono poi rilasciate in maniera sequenziale.
Una volta che le spirali sono rilasciate nell’aneurisma, il flusso di sangue all’interno dell’aneurisma è alterato e rallentato, il che porta ad una trombosi dell’aneurisma e quindi alla sua embolizzazione.
Nell'opera di Girolamo Fabrizi d'Acquapendente (1537-1619), Pentateuchos chirurgicum (1592), sono presenti due tavole nelle quali viene riprodotta, in ogni particolare, una figura definita Oplomoclion, le cui membra e parti del corpo sono costituite da altrettanti apparecchi protesici. Queste protesi, a grandezza naturale, riunite insieme, sintetizzano l'ortopedia del XVI secolo e formano una sorta di tavola sinottica del 'perfetto ortopedico': ogni singolo pezzo rappresenta il modo di curare la rispettiva frattura o lesione ortopedica.
Sviluppato nel 1830 a Würzburg da Bernhard Heine (1800 - 1846), l’osteotomo era un dispositivo progettato per rendere più facile il taglio dell’osso, senza l’utilizzo di martello o scalpello. Il primo dispositivo era un semplice strumento portatile che poteva essere usato per incidere il cranio con maggiore precisione rispetto ad altri tipi di coltelli e seghe; era infatti inizialmente utilizzato per la trapanazione, poiché con esso era possibile praticare un foro di qualsiasi grandezza, in cui la dura madre veniva ad essere lesa meno facilmente. Successivamente furono sviluppate tecniche che hanno consentito di utilizzare questo strumento ad altri livelli, come nelle strutture ossee di braccia e gambe. Il chirurgo poteva dunque resecare l’osso senza scheggiarlo, eseguire craniotomie con fori a bordo liscio senza danneggiare il circostante tessuto. L’osteotomo è stato spesso utilizzato in strutture di assistenza medica, nonché su fronti di battaglia per il trattamento di pazienti che necessitavano della rimozione di una porzione di osso per la loro sopravvivenza. Attualmente l'impiego di una forma evoluta del dispositivo è specificamente rilevato nell'odontoiatria.
Dal punto di vista strutturale, lo strumento è costituito da una sega a catena, composta di denti articolati e azionata da una ruota a manubrio, in modo tale da poter essere applicata all’osso da asportare.
"Tale strumento è composto di una cordicella di lino o seta, alla quale, come si può vedere, è attaccata un peso in piombo che, dopo essere colpito, se la corda è lunga, il movimento del peso sarà più lento e meno frequente, se la corda è corta, il suo movimento sarà più veloce e frequente. Perciò, quando vogliamo misurare la frequenza del polso, guidiamo il peso con le dita, allungando o accorciando la corda fino a raggiungere il punto in cui il movimento del peso coincide esattamente con il movimento del polso arterioso" da Santorio S., Commentaria in primam Fen primi libri Canonis Avicennae, 1625.
Le farmacie portatili erano usate dagli speziali o dai medici in occasione di viaggi o per interventi urgenti su infermi che non potevano essere trasportati. In alcuni casi erano usate anche da persone abbienti che, partendo per lunghi viaggi, non tralasciavano di portare con sé la propria farmacia da viaggio che conteneva boccettine di vetro con dentro i medicamenti, accompagnate dal relativo foglietto illustrativo.
Le problematiche relative ai pazienti amputati di naso e le relative tecniche operatorie di ricostruzione furono affrontate già da Celso (I secolo d.c.) all’interno del VII libro del “De re medica”. Fu però Gaspare Tagliacozzi (1546-1599), perfezionando un metodo di rifacimento di nasi amputati già praticato da chirurghi calabresi, a trasformare la rinoplastica da pratica empirica in branca della chirurgia. L’intervento prevedeva: 1) la dissezione di un lembo di pelle dalla regione flessoria dell’avambraccio; 2) la sezione del peduncolo distale, il quale veniva poi suturato per 20 giorni alla parte di naso mancante. Il lembo peduncolato aderente al naso veniva tagliato dal braccio dopo altre due settimane. Venivano poi modellate la punta del naso, la columella e le narici. La tecnica di Tagliacozzi rimase in uso fino alla metà del XX secolo.
Le coppette o ventose rappresentarono tra il XVII e il XIX secolo una delle tecniche più comuni, insieme al salasso, per il prelievo di sangue dai vasi venosi. Erano utilizzate per diminuire la quantità di sangue presente in circolo ed eliminare, secondo la teoria ippocratica, l’umore in eccesso. Di fatto, fu proprio Ippocrate (V e il IV secolo a.C) ad insegnare il modo di applicare le ventose e di scarificare o incidere la pelle per farne uscire il sangue che vi si era raccolto, e a indicare le malattie contro cui farne ricorso (tra queste la sciatica, il mal d'orecchi e le nevralgie). Nell’utilizzo diffusosi in età medievale e moderna, la quantità di sangue da eliminare era solitamente stabilita dal medico, laddove l’atto pratico veniva attuato dal barbiere chirurgo. In questo modo, dunque, veniva effettuato un piccolo salasso certamente meno rischioso rispetto all’uso delle lancette tipicamente usate per questa pratica.
Nel 1995 è stato messo in luce a Fidene un sepolcreto di 29 tombe a fossa ad inumazione (fine I - fine II secolo d.C.). Grande interesse ha suscitato la Tomba 26, contenente i resti di una bambina di 5-6 anni, deposta supina, probabilmente avvolta in un sudario, con un grande foro sul lato destro dell’osso frontale, le cui caratteristiche permettono di escluderne l’origine diagenetica. L’analisi paleopatologica ha rivelato che la bambina fu sottoposta a intervento di trapanazione cranica, cui sopravvisse alcune settimane. Resta da chiarire come una bambina appartenente ad una comunità estremamente povera possa essere stato operato da un medico così esperto. Ritrovata nel 1995, in una piccola necropoli nei pressi dell’antica città di Fidene, “la bambina di Fidene” rappresenta un caso unico di medicina di età imperiale.
Si tratta di un reperto eccezionale che sembra testimoniare in favore di un’operazione di tipo palliativo. Il cranio si presenta molto espanso e mostra una trapanazione ellissoide in regione fronto-parietale destra. Sulla superficie eso- ed endocranica, in prossimità della breccia di trapanazione, sono presenti evidenti segni di reazione ossea avvenuta intra vitam. Questi reperti suggeriscono che il cervello della bambina era compromesso da una massa tumorale che doveva aver indotto un significativo aumento della pressione endocranica e che l’apertura del foro sulla teca cranica era stato effettuato al fine di consentire l’espansione del cervello e alleviare i sintomi.
Prototipo del primo apparecchio per elettroshock inventato da Lucio Bini (1908 – 1964), che insieme a Ugo Cerletti (1877 – 1963) ha introdotto nel 1938 questo trattamento ancora oggi utilizzato per i disturbi depressivi maggiori, refrattari alla terapia farmacologica.
I cappelli o elmi di alambicco compongono la parte superiore dei distillatori, atta a raccogliere i vapori formati dal processo di distillazione.
Alambicco: e’ termine usato per indicare un vaso a bordo elevato. L'apparecchio generalmente è di rame stagnato all’interno e serve alla distillazione di liquidi non volatili a temperature non molto alte (es. acqua o alcol). E’ composto di tre parti: la cucurbita o caldaia, che si espone alla sorgente di calore e che contiene il liquido da distillare; ad essa si sovrappone il duomo o capitello o elmo, per lo più di forma emisferica, nel quale si raccolgono i vapori che poi confluiscono nel serpentino, tubo ravvolto a spirale e tenuto freddo allo scopo di condensare i vapori stessi.
Il teatro anatomico è il luogo adibito alle dimostrazioni anatomiche pubbliche effettuate tramite dissezione di cadaveri.
Gli ex-voto anatomici rappresentano una categoria di offerte molto diffusa nei luoghi di culto in tutto il Mediterraneo antico, fino alla Gallia romana. Si tratta di riproduzioni parziali del corpo umano (solitamente parti malate) che venivano consacrate a divinità guaritrici, tra cui Asclepio e tanti altri: all’interno degli antichi Pantheon, infatti, la “funzione salutare” poteva essere esercitata da molteplici divinità. Offrire tali ex-voto anatomici era una pratica molto comune nell’antichità: solitamente, venivano depositati in un santuario a seguito di un voto o in segno di ringraziamento per una guarigione.
Ex-voto anatomico in terracotta a forma di viso – si pensa che offerte a forma di viso, prive di qualsiasi aspetto patologico, venissero collocate presso il santuario per chiedere sollievo alla divinità invocata da mal di testa o emicranie.
Altre opere esposte
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