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Antoon van Dyck - Cristo della moneta
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Antoon van Dyck - Anton Giulio Brignole - Sale a cavallo
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Giovanni Francesco Barbieri, detto Guercino - Cleopatra morente
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Giovanni Francesco Barbieri, detto Guercino - Padre Eterno con un angioletto
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Bernardo Strozzi, detto il Cappuccino - La cuoca
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Guido Reni - San Sebastiano
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Jacopo Negretti, detto Palma il Vecchio - Madonna col Bambino tra i santi Giovanni Battista e la Maddalena
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Carlo Antonio Tavella - Paesaggio lacustre
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Lorenzo De Ferrari - Il salotto delle Virtù Patrie
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Domenico Piola - Allegoria dell’Autunno
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Domenico Piola - Il carro del sole con le stagioni
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Giovanni Benedetto Castiglione, detto il Grechetto - Natività
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Gerard David - Madonna della Pappa
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Jan Wildens - Gennaio - Pattinatori sul ghiaccio
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Leon Cogniet - Maria Brignole-Sale De Ferrari, Duchessa di Galliera con il figlio Filippo
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Pellegro Piola - Sacra Famiglia detta della farfalla
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Altre opere esposte

Descrizione

Il quadro, datato al 1620, è un’opera della prima maturità dell’artista, la cui formazione fu influenzata soprattutto dalla lezione cromatica di Tiziano, che costituisce la vera premessa alla sua pittura di tocco, a grandi macchie di colore liquide e luminose, e dall’incontro con l’arte dei Carracci, specialmente Ludovico. Il rapporto con i pittori bolognesi, in particolare, fu essenziale per Guercino perché gli permise di amplificare i suoi orizzonti e di entrare in contatto con la più aggiornata cultura pittorica del tempo, senza tuttavia dimenticare quella genuina vena naturalistica che è alla base della sua ispirazione. Il dipinto è un prezioso esempio dello stile dell’artista, caratterizzato da una calda gamma cromatica e da un forte chiaroscuro “a macchia”; tenerissima è la figura dell’angioletto, visto accanto della maestà del Padre Eterno. La piccola tela fu commissionata a Guercino da Cristoforo Locatelli e doveva essere collocata sulla cimasa della pala d’altare raffigurante La vestizione di san Guglielmo d’Aquitania nella chiesa di San Gregorio a Bologna. Secondo lo storiografo bolognese Carlo Cesare Malvasia, il committente, colpito dalla straordinaria bellezza del dipinto, decise di tenerlo per sé, ponendo al suo posto una copia, che rimase in loco fino al 1962. Il quadro faceva parte di un piccolo gruppo di opere di gran pregio di Palazzo Rosso che la duchessa di Galliera portò con sé nella dimora parigina e quindi non rientrò nella donazione del 1874, ma passò in proprietà al Comune di Genova solo dopo la morte della gentildonna in virtù del suo legato testamentario.

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