Il dipinto proviene dalla chiesa fiorentina di Santa Maria del Carmine dove Filippo Lippi aveva preso i voti. La formazione dell’artista avvenne in quel luogo, frequentando il cantiere della cappella Brancacci decorata da una schiera di artisti toscani. Tra questi, il maestro Masaccio lasciò sul giovane frate un’impronta indelebile, ben ravvisabile nella costruzione spaziale che connota la Madonna dell’Umiltà. Nella composizione predomina un forte impianto plastico a cui sono soggette le figure disposte a formare una sorta di piramide tra una stretta lingua di giardino e la volta del cielo che fa da sfondo. La struttura ha il punto focale nel volume della Vergine che, seduta, tiene in braccio un robusto Bambino con gli occhi puntati verso lo spettatore. Fanno da corona due gruppi di angeli senza ali e alcuni santi dell’ordine domenicano: a sinistra Angela di Boemia, a destra Angelo da Licata, che reca sul capo il segno del martirio, e Alberto di Sicilia, che regge sulla spalla un tralcio di gigli. Il restauro del 2013 ha finalmente sanato le zone compromesse a causa del trasferimento della pellicola pittorica sulla tela, dopo l’eliminazione del supporto originario su tavola. Il quadro, giunto a Milano nel 1831 con la dote di Marianna Rinuccini, consorte di Giorgio Teodoro Trivulzio, è entrato nei beni della Pinacoteca con l’acquisto della collezione del principe Luigi Alberico Trivulzio nel 1935.