Un breve testo dialogato in cui si sottolineavano le evidenti differenze di classe tra il ragazzetto infreddolito e la coppia seduta al caldo di un locale intenta a consumare un abbondante pasto, accompagnava - sul giornale “Lotta di classe” del Primo maggio 1894 - la riproduzione del dipinto di Emilio Longoni. Nello stesso giorno il dipinto veniva esposto al pubblico, negli spazi del Castello Sforzesco, per la seconda edizione della Triennale di Brera. L’accostamento provocatorio di testo e immagine, causò immediatamente la reazione della censura che dispose il sequestro del giornale e controlli della polizia anche nei confronti di Emilio Longoni e fece di questo dipinto, una delle opere più discusse e citate dalla critica di tutta la produzione dell’artista. Le Riflessioni di un affamato segnano il punto più alto dell'impegno sociale nella pittura di Emilio Longoni, che tra il 1887 e il 1897 elabora e svolge una propria iconografia dello sfruttamento, della miseria e della lotta delle classi subalterne milanesi. L’opera risulta essere un’importante affermazione delle possibilità espressive della tecnica divisionista. Se infatti l'accostamento iconografico di personaggi appartenenti a diverse classi sociali era una tipologia diffusa nella pittura di genere, risultava invece inedito il mezzo tecnico utilizzato dall'artista per rappresentarlo. Il dipinto, entrato nelle collezioni del Museo nel 1952 grazie alla donazione di Bruno Blotto Baldo, allora sindaco di Biella, ha goduto di una grande fortuna critica, spesso citato negli studi sul divisionismo e sull’arte sociale, è stato esposto e continua ad essere richiesto per importanti mostre di livello internazionale.