L’opera viene definita comunemente pentittico poichè l’antica cornice scandiva le tre tavole nei cinque scomparti con al centro la Madonna in trono col Bambino e ai lati i Santi Bernardo d’Aosta, Giovanni Battista, Bartolomeo e Cristoforo. La collocazione originaria non è chiara. L’opera, prima dell’ultimo restauro cui è stata sottoposta, si trovava nel presbiterio della Chiesa di San Sebastiano ed è noto che solo in occasione della grande esposizione torinese sul Gotico e Rinascimento in Piemonte del 1939, le tre parti di cui l’opera è composta e che all’epoca si trovavano in due diverse collezioni, vennero riunite. In quella stessa occasione, l’opera venne attribuita a un ignoto “artista vercellese della cerchia spanzottiana”, restituendola al dibattito critico che fino ad allora l’aveva pressochè ignorata e che, in tempi più recenti, è giunto a restituirla all’attività giovanile di Defendente Ferrari. Interessante è senza dubbio la vicenda collezionistica di quest’opera, testimonianza della pericolosa, ma purtroppo frequente, dispersione del patrimonio ecclesiastico creatosi in seguito alle soppressioni degli ordini religiosi. L’opera, non solo venne smembrata e venduta ma anche pesantemente rimaneggiata nelle due tavole laterali, come bene testimoniano alcune fotografie d’epoca, che mostrano una vasta ridipintura in corrispondenza degli spazi originariamente non dipinti su cui poggiava l’antica carpenteria.