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Palazzo Barberini verified

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Michelangelo Merisi, detto Caravaggio - Giuditta e Oloferne
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Michelangelo Merisi, detto Caravaggio - Narciso
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Michelangelo Merisi, detto Caravaggio - San Francesco in meditazione
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Raffaello Sanzio - La Fornarina
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Hans Holbein il Giovane - Ritratto di Enrico VIII
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Gian Lorenzo Bernini - Ritratto di papa Urbano VIII Barberini - Dipinto
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Agnolo di Cosimo, detto il Bronzino - Ritratto di Stefano IV Colonna
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Pietro da Cortona - Il Trionfo della Divina Provvidenza e il compiersi dei suoi fini sotto il pontificato di Urbano VIII
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Gian Lorenzo Bernini - Scalone quadrato
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Francesco Borromini - Scala elicoidale
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Andrea Sacchi - Allegoria della Divina Sapienza
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Annibale Carracci - Tabernacolo portatile con la Pietà, scene di santi e martiri
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Domínikos Theotokópoulos, detto El Greco - Battesimo di Cristo
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Piero di Cosimo - Santa Maria Maddalena
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Gian Lorenzo Bernini - Ritratto di Urbano VIII
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Ginevra Cantofoli - Ritratto di Beatrice Cenci
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Lorenzo Lotto - Matrimonio mistico di Santa Caterina e santi
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Giovanni Baronzio - Storie della Passione di Cristo
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Pompeo Batoni - Ritratto di Abbondio Rezzonico
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Filippo Lippi - Annunciazione
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Ritratto di Urbano VIII - Scultura
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Giulio Romano - Madonna con Bambino (Madonna Hertz)
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Jacopino del Conte - Deposizione di Cristo nel sepolcro
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Giovanni Antonio Bazzi, detto Sodoma - Matrimonio mistico di Santa Caterina d’Alessandria
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Giovanni Lanfranco - Il suicidio di Cleopatra
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Simone Cantarini - Ritratto del cardinale Antonio Barberini
Michelangelo Merisi, detto Caravaggio - Giuditta e Oloferne
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Altre opere esposte

Descrizione

In uno scenario tenebroso e arido, San Francesco stringe tra le mani un teschio: sta meditando sulla morte, intesa in termini di redenzione dalla vita terrena. Ogni dettaglio reca il marchio dell’umiltà e della penitenza, come il saio strappato sulla spalla, il tronco spezzato e la croce di legno grezzo, chiaro rimando alla passione di Cristo. Teschio e croce mediano il dialogo intimo e profondo di Francesco col divino, in una variante iconografica molto diffusa in periodo controriformistico. Non a caso il santo, famoso per aver abbracciato un ideale di vita basato sulla povertà, durante uno dei suoi ultimi ritiri in preghiera, avrebbe ricevuto le stimmate, rivivendo i segni fisici della crocifissione. É rappresentato in ginocchio, mostrando solo una parte del volto, illuminato strategicamente tra la guancia destra e le rughe della fronte, e ne intuiamo l’espressione assorta e sofferente. La tela è stata rinvenuta nel 1968 nella chiesa di San Pietro a Carpineto Romano e nel 2000 è stata oggetto di un importante restauro, condotto contemporaneamente a quello di un’altra versione del dipinto, quasi identica, conservata nella chiesa di Santa Maria della Concezione, in via Veneto. Le indagini hanno confermato l’autografia per la tela Barberini e la sua precedenza cronologica, a giudicare dai numerosi pentimenti, tipici non di una copia, ma di una prima redazione. Secondo alcuni studiosi, la data di esecuzione si collocherebbe intorno al 1606, quando Caravaggio, in fuga da Roma dopo l’assassinio di Ranuccio Tommasoni, si rifugia presso i feudi Colonna, vicini a quelli degli Aldobrandini, committenti dell’opera.

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