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MArTA - Museo Archeologico Nazionale di Taranto verified

Taranto, Puglia, Italia aperto visita il museoarrow_right_alt

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Testa femminile in terracotta policroma
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Tre terracotte policrome raffiguranti acrobate
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Diadema
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Gladiatore
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Ritratto di Augusto capite velato
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Bambolotto e torre giocattolo
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Schiaccianoci
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Orecchino a navicella in oro
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Kylix Iaconica con tonni e delfini
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Letto funebre (kline)
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Testa di Eracle
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Corona funeraria con foglie di quercia
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Pavimento a mosaico in tessere policrome con velarium centrale
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Teca in forma di conchiglia con Nereide su mostro marino
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Venere di Parabita (Lecce)
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Venere di Parabita (Lecce)
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Metopa a decoro del naiskos con scena di battaglia tra Greci e barbari
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Statua bronzea di Zeus su capitello dorico in pietra
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Lekythos sovradipinta con donna affacciata alla finestra
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Ramarro
Testa femminile in terracotta policroma
Tre terracotte policrome raffiguranti acrobate
Diadema
Gladiatore
Ritratto di Augusto capite velato
Bambolotto e torre giocattolo
Schiaccianoci
Orecchino a navicella in oro
Kylix Iaconica con tonni e delfini
Letto funebre (kline)
Testa di Eracle
Corona funeraria con foglie di quercia
Pavimento a mosaico in tessere policrome con velarium centrale
Teca in forma di conchiglia con Nereide su mostro marino
Venere di Parabita (Lecce)
Venere di Parabita (Lecce)
Metopa a decoro del naiskos con scena di battaglia tra Greci e barbari
Statua bronzea di Zeus su capitello dorico in pietra
Lekythos sovradipinta con donna affacciata alla finestra
Ramarro

Altre opere esposte

Descrizione

Il rinvenimento della Tomba degli Ori inizia come un racconto un po’ confuso. Nel 1928 le prime indicazioni giunsero al soprintendente della Puglia Quintino Quagliati grazie a uno schizzo di planimetria e da un prospetto. Il luogo di rinvenimento era la via per Cerignola, parallela al tracciato dell’Appia traiana. L’archeologo non vide, allora, la tomba, già ricoperta nel corso dei lavori della posa della fognatura, ma la descrizione del dromos, delle tre celle e del prospetto monumentale ne facevano intuire l’importanza. Nel 1935 la pubblicazione dei materiali fece molto scalpore e nacque una sorta di leggenda archeologica.

Il nome OPAKA SABALEIDA scritto con caratteri puntinati sulla cerniera della teca a forma di conchiglia e un dente di adolescente fecero affermare l’ipotesi – la leggenda- della principessa canosina morta adolescente e deposta con le sue ricchezze su un letto di amianto. Alla figura di Opaka inoltre la storia affiancava la figura di Busa che aveva accolto i sopravvissuti di Canne.

Nel 1991 nuovi lavori di urbanizzazione hanno rimesso in luce la tomba e si è potuta ricostruire la dinamica dell’intervento del 1928. Le indagini stratigrafiche hanno verificato che oltre alla sepoltura femminile vi era almeno un individuo di sesso maschile adulto il cui corredo comprendeva armi e frammenti di corazza, una spada con fodero in legno, una punta di lancia, lo strigile. La cronologia tra la fine del IV e il III secolo a.C. conferma la pertinenza dell’ipogeo all’élite principesca della città.


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