La Tabula presenta un manubrio a due ganasce con pomello sferoidale E’ realizzata in un bronzo alquanto tenero con un’alta percentuale di piombo per rendere più facile l’incisione. L’iscrizione è opistografa, riempe cioè tutta una faccia, con 32 righe di scrittura (recto), e prosegue sull’altra faccia (verso) con 8 righe, e rivela una incisione molto accurata delle lettere; l’alfabeto è quello usato tra la fine del III e il II secolo a.C. nella zona di Cortona, nel quale il segno per E retrogrado occorre in sillaba iniziale o finale per sostituire un antico dittongo. Complessivamente il documento presenta 40 righe di testo e 206 parole (fra le quali 55 vere unità di lessico e 10 forme di clitici, cioè pronomi, congiunzioni e posposizioni), terzo testo etrusco per lunghezza, dopo quello della Mummia di Zagabria e quello della “Tavola di Capua”.Si riconoscono facilmente due mani: uno scriba principale ha inciso le prime 26 righe del recto e tutto il verso; a uno scriba secondario si devono le ultime 6 righe del recto. La perdita dell’ottavo frammento non pregiudica la comprensione del testo in quanto conteneva solo alcuni della lunga lista di nomi trascritta alle righe 24-32 della faccia A, prolungata sulla prima riga della faccia B. Unanimemente gli studiosi riconoscono nel testo un importante atto giuridico a causa della presenza dello zilath mechl rasnal, ossia del pretore di Cortona, il sommo magistrato della città con funzioni giuridiche. Secondo la recente interpretazione di Mario Torelli l’atto è scandito in 7 parti, tante quante sono le indicazioni nel testo con un segno a scala. Il testo fa in particolare riferimento ad una compravendita di terreni mediante rivendicazione pubblica fatta dall’acquirente sulla cosa alla presenza del venditore e del pretore che ne sanzionava, a fine processo, la transazione (in iure cessio nel diritto romano). Nella prima sezione (faccia A, righe 1-7) Petru Scevas, personaggio di origini modesti (il gentilizio Petru deriva dall’omonimo nome individuale di origine umbra) cede terreni pregiati (si legge la parola etrusca vina=vigna) che passano nella proprietà indivisa dei Cusu figli di Laris, con una probabile indicazione di misure del terreno e della controparte in beni da parte dei Cusu.