Descrizione
Frammento di piatto con vasca in ceramica graffita rinascimentale con coniglio che corre verso destra e due alberi sullo sfondo. Lavorazione al tornio, produzione veneziana del XVI secolo.
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3. Localizzazione;
4. Orari di Apertura al pubblico;
5. Sito web Istituzionale;
6. Avatar;
7. Immagine o Video di Copertina;
8. Immagini rappresentative degli spazi;
9. Immagini della collezione;
10. Didascalie opere della collezione(autore, titolo, data, tecnica);
11. Comunicato stampa e locandine delle mostre in corso e future.
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Collezione: Panoramica delle opere presenti nella collezione. Nel caso in cui il Partner non disponga di una collezione permanente sarà possibile pubblicare immagini delle opere esposte temporaneamente.
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Venezia, Veneto, Italia aperto visita il museoarrow_right_alt
Il pluteo spezzato in tre parti e mutilo, presenta nella fascia superiore una doppia serie di cerchi annodati formati da un nastro a due vimini; ai due lati un alberello stilizzato. L’area centrale è decorata con un grande cerchio formato da nastro, al cui interno è inscritto un quadrato delineato anch’esso da un nastro che poi crea un ulteriore cerchio che ospita un fiorone a otto petali e bottone centrale. Da entrambi i cerchi si aprono quattro gigli ognuno orientato verso gli angoli del quadrato.
Il capitello, di forma cubica, è decorato su tutti i lati con coppie di colombe a code incrociate; tra le colombe è inserita una palmetta entro una cornice cuoriforme; sul bordo superiore corre una cornice ad acanto - palmetta. Questo esempio si ricollega a una tipologia lungamente praticata in ambito bizantino ed è attribuibile a produzione di ambito veneziano.
Le quattro facce del capitello cubico di imposta, mostrano al centro un grande e complesso fiore a otto petali sormontato da un motivo composto da una foglia trilobata centrale, da due nastri a due capi con terminazione a ricciolo ai due lati e infine da due steli che si concludono con foglie cuoriformi piegate verso il basso. Un grande festone terminante alle estremità in volute e formato da un nastro bisolcato racchiude questa complessa decorazione. Di produzione veneziana, questo tipo di capitello trova raffronti in ambito mediobizantino e deve essere ricollegato a quella produzione sia per le soluzioni decorative sia per il trattamento a trapano dei petali e volute e occhielli, particolarmente prediletto in ambito bizantino tra X e XI secolo.
La formella è contornata da un motivo a ghirlanda di alloro, con gruppi di tre fogliette ripetute. Lo spazio centrale è occupato da un albero il cui tronco centrale termina in un doppio motivo di fogliette a calice e in due grandi foglie laterali polilobate. Dal tronco partono due rami per lato che terminano ciascuno in tre grandi foglie oblunghe e solcate e in due grappoli. Due coppie di uccelli si cibano dei frutti.
Prodotta in area veneziana la formella proviene dall’isola di Burano e venne donata al Museo nel 1883.
Formella raffigurante la Vergine in trono con il Bambino benedicente. Faceva parte del Paliotto d’altare (la così detta “pala d’oro”) della Basilica di Santa Maria Assunta in Torcello, originariamente composta di quarantadue formelle, delle quali ne restano solo tredici.
La pala è opera di una bottega veneziana del XIII secolo; la placchetta centrale con la Madonna è quella di maggior qualità di mano del capo bottega. Le formelle sono in lastra d’argento molto sottile, lavorate con la tecnica a sbalzo dal rovescio e rifinite a bulino in varie parti.
Il frammento in mosaico, raffigura una testa d'angelo; il volto ha grandi occhi con pupilla nera, lunghe sopracciglia, naso adunco, bocca piccola e serrata. La capigliatura riccioluta ricade sulle spalle, mentre un grande diadema con gemma centrale cinge il capo al di sopra della fronte. Proviene dalla Basilica di Torcello ed era parte del mosaico dell’Ascensione che raffigurava Cristo entro un clipeo sorretto dagli angeli. L’opera, della seconda metà del XII secolo, è di produzione veneto-bizantina.
L’opera, scolpita ad altorilievo in legno dorato e dipinto, rappresenta Santa Fosca distesa, con il capo appoggiato ad un cuscino, con gli occhi chiusi e le braccia conserte. La scultura costituiva il coperchio del sarcofago marmoreo della santa, collocato nell’omonima chiesa in Torcello. Si deve a una bottega veneto-toscana e si data tra il 1440 e il 1460.
La pala d’altare, scolpita in altorilievo in legno dipinto e dorato raffigura il Compianto sul Cristo morto: in primo piano la Vergine è seduta in atto di reggere sulle ginocchia il corpo disteso di Cristo, il cui braccio destro scende a terra. Sulla sinistra San Giovanni Evangelista e Maria Maddalena sorreggono la testa di Cristo; a destra compare San Giuseppe d'Arimatea col caratteristico turbante. L’altorilievo è attribuita a Paolo Campsa, scultore istriano attivo a Venezia tra XV e XVI secolo, autore di altari nella chiesa di Santa Maria Assunta a Torcello, e si data tra il 1505 e il 1514.
La tela dell’Adorazione dei Magi, dipinta ad olio, era originariamente divisa in due comparti ed ornava un tempo l'esterno delle portelle dell'organo della chiesa di Sant'Antonio di Torcello. Le portelle interne portavano invece una Annunciazione e il parapetto dei monocromi con scene bibliche, anch’essi esposti nel museo. Il ciclo decorativo dell'organo di Sant'Antonio si può attribuire alla bottega di Paolo Veronese ed è stato realizzato nell’ultimo quarto del XVI secolo.
La scultura lignea dorata e policroma, rappresenta la Madonna seduta su un piccolo scanno con le mani giunte in atto di adorare il Bambino, purtroppo perduto, che in origine si trovava sulle sue ginocchia. La presenza di fori circolari sul capo, dai cortissimi capelli, presuppone l'uso di una corona. L’opera è vicina per l’impostazione della figura alla scultura veronese tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo.
La vera da pozzo è ricavata da una base onoraria romana databile tra I e II secolo, reimpiegata in epoca altomedievale quando fu aperto un foro circolare e un lato fu scolpito con due grifoni affrontati e rampanti su un pilastro con decorazioni fitomorfe. La scena è sovrastata da una fascia orizzontale, gravemente danneggiata, in cui è leggibile al centro un albero con due uccelli e ai lati due quadrupedi rivolti verso l'esterno che sembrano sorreggere in bocca una foglia. Sul lato opposto rimane l'iscrizione romana, mentre su quelli contigui si è conservata la coeva decorazione costituita da un fiorone con bottone centrale e un'anfora. Proviene da Altino.
L'acquasantiera, scolpita in marmo pentelico, presenta un corpo "bulbare" con apertura circolare superiore e una base cilindrica. Attorno al labbro in rilievo si snoda un grosso tralcio ondulato con foglie d'edera. Al di sotto corre, per tutta la circonferenza, una iscrizione greca in lettere capitali. Più sotto è presente una croce ai cui bracci laterali sono appese le lettere greche Alfa e Omega. Alle estremità dei bracci sono presenti altre lettere e monogrammi. Al di sotto della croce una testa di leone con foro, molto danneggiata.
Il pezzo si distingue per l'elevata qualità della decorazione ed è probabilmente opera di una bottega di Costantinopoli e databile al VI secolo; questa tipologia di manufatto si collega al rito orientale di benedizione delle acque la cui esaltazione è confermata dalla lunga iscrizione greca tratta dalla Bibbia (Isaia XII,3 e Salmi , XXVIII, 3).
L’elegante manufatto in avorio di produzione siculo-araba, coronava il bastone pastorale del vescovo di Torcello Bono Balbi. Il riccio consiste in unico pezzo privo di applicazioni che si conclude con una testa di serpente dalle cui fauci spalancate sorge una croce. Il fusto che determina la voluta del riccio è sfaccettato e lungo esso sono disposte residue decorazioni in forma di piccoli elementi floreali e fascette puntinate.
L’oggetto, ritrovato nel 1893 nella sepoltura del vescovo Bono nella Basilica di Torcello, si data tra il 1181 e il 1215 anno in cui fu deposto il prelato.
Piccola formella quadrangolare decorata con una lepre campeggiante sul fondo liscio e leggermente convesso verso i bordi. L’animale è rappresentato nell’atto di mangiare una foglia composta da tre lobi digradanti. Il motivo è libero, non inscritto in tralcio. Questo tipo di decorazione in laterizio trova riscontri con pezzi veneziani e con altri di ambito ravennate e di Pomposa. Il pezzo è di produzione veneziana dell’XI secolo.
Il sigillo della metà del VII secolo, realizzato in piombo a fusione, reca impresse in lettere capitali greche, sul fronte l’iscrizione dedicatoria THEOTOKE BOETHEI (Madre di Dio aiuta) e, sul retro, il nome ANASTASIO PATRIKIOS. Fu rinvenuto in una tomba ad Eraclea nel 1882. Si tratta con probabilità del sigillo di un funzionario rappresentante ad Eraclea dell'Esarca bizantino di stanza a Ravenna.
Il dipinto in monocromo rosso raffigura il Transito della Vergine ed è parte di un ciclo decorativo che ornava in origine il parapetto dell'organo della chiesa di Sant'Antonio di Torcello. Del ciclo fanno parte altri quattro monocromi (due gialli e due rossi) esposti in museo. Il ciclo decorativo dell'organo di Sant'Antonio si può attribuire alla bottega di Paolo Veronese ed è stato realizzato nell’ultimo quarto del XVI secolo.
La Fibula in bronzo è decorata con una croce dai bracci cuoriformi, riempiti di pasta vitrea blu, rossa e verde, tangenti ad un clipeo, cui è inserita un'aquila. Negli spazi di risulta della croce sono inserite figure di batraci. È attribuibile a produzione carolingia-ottoniana del X secolo.
Frammento di piatto con vasca in ceramica graffita rinascimentale con coniglio che corre verso destra e due alberi sullo sfondo. Lavorazione al tornio, produzione veneziana del XVI secolo.
Altre opere esposte
Esposta nella Sezione Medievale e Moderna
Frammento di piatto con vasca in ceramica graffita rinascimentale con coniglio che corre verso destra e due alberi sullo sfondo. Lavorazione al tornio, produzione veneziana del XVI secolo.
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