La tavola conosciuta come Città ideale, proveniente dal Monastero di Santa Chiara di Urbino, apparteneva probabilmente alla famiglia ducale. Elisabetta da Montefeltro, figlia di Federico, potrebbe aver portato con sé il dipinto quando entrò nel Monastero, dopo essere rimasta vedova nel 1482. Intorno al 1861 l’opera entra a far parte delle collezioni statali del Museo dell’Istituto di Belle Arti di Urbino, che diverrà Galleria Nazionale delle Marche nel 1912. L’opera è stata attribuita a diversi artisti, tra cui anche all’architetto Luciano Laurana per l’alta precisione del disegno e la somiglianza degli elementi architettonici classici con quelli presenti nel Palazzo Ducale di Urbino, di cui l’architetto fu in parte il progettista. Attualmente gli studiosi assegnano la tavola ad un generico pittore dell’Italia centrale, che l’ha dipinta, presumibilmente, tra il 1480 e il 1490.Varie ipotesi sono state formulate sul possibile uso di questa tavola. Essa è stata riconosciuta alternativamente come uno studio prospettico, come una spalliera lignea di un arredo, o come il modello per una scenografia. Il dipinto rappresenta gli ideali di perfezione e armonia del Rinascimento italiano, nella forma ordinata e simmetrica di una città che viene raffigurata con i principi scientifici della prospettiva centrale, evidente nel disegno geometrico della pavimentazione della piazza. In primo piano, ai lati, si trovano due pozzi con gradinate a base ottagonale, posti in maniera perfettamente simmetrica. Domina la scena un grande edificio religioso a pianta circolare, forse un battistero o un mausoleo. La piazza è delimitata dalle facciate dei palazzi signorili rinascimentali, rivestite per lo più da marmi policromi che accentuano la visione prospettica. In successione si vedono edifici più bassi di tipo medioevale. Sullo sfondo a destra, in posizione arretrata, è visibile il prospetto di una chiesa e in lontananza, dietro di questo, un paesaggio collinare. Rari elementi di vegetazione decorano balconi e finestre e su un cornicione del primo palazzo a destra sono appollaiate due tortore, uniche creature visibili nel dipinto. L’assenza dell’uomo, infatti, regna incontrastata e dona all’immagine la sensazione di un eterno silenzio.