Sono quattro collari in bronzo (il cui diametro va da 16 a 20 cm) donati nel 1877 al Museo di Antichità dal marchese Erminio Lalatta, che li aveva rinvenuti a Fraore. È probabile che in origine fossero di più (forse 6?) e che non tutti siano stati consegnati. Essi costituivano senza dubbio un “ripostiglio”, ossia di un gruppo di oggetti in bronzo intenzionalmente nascosto.
Nella prima età del Bronzo, corrispondente ai primi secoli del II millennio a.C., la maggior parte degli oggetti in metallo più che svolgere funzione pratica costituiva uno status symbol per i pochi privilegiati possessori. Nello stesso tempo, gli oggetti in bronzo potevano, quasi come i lingotti dei giorni nostri, costituire una “riserva di valore”; da qui si spiega il frequente uso di occultare gruppi, più o meno cospicui, di manufatti.
In Emilia Romagna i ripostigli noti sono una decina; sono distribuiti (sembra quasi con sistematicità) lungo la fascia pedemontana della regione e la maggior parte è composta da asce o da pugnali. Quello di Fraore rappresenta dunque un’eccezione, essendo l’unico insieme di collari rinvenuto a sud del Po; “tesoretti” di questo tipo sono infatti diffusi solo tra Lombardia e Svizzera meridionale.
Per lungo tempo i ripostigli sono stati ritenuti “riserve” di mercanti-fonditori, anche per il loro distribuirsi lungo importanti vie di traffico. Oggi, pur senza rifiutare del tutto l’ipotesi di un loro significato economico, si preferisce pensare che fossero “depositi votivi destinati a marcare il possesso di un territorio o a sancire patti tra due comunità confinanti”.
Titolo: Antica Età del bronzo. Collari in bronzo dal ripostiglio di Fraore (PR)
Autore: Anonimo
Data: XVIII-XVII secolo a.C.
Tecnica:
Esposto in: Museo Archeologico Nazionale di Parma
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